La pensione scandalosa che hanno ereditato i figli di questo politico: le cifre shock

La questione delle pensioni e, più specificamente, dei vitalizi ereditati dai figli dei politici italiani suscita da anni un acceso dibattito pubblico per via delle sue cifre elevate e delle dinamiche giudicate spesso inique rispetto al trattamento riservato ai comuni cittadini. Il tema si collega direttamente alla discussione sulle riforme del sistema previdenziale e sulla sostenibilità dei costi gravati sulle casse dello Stato, con particolare riguardo alle pensioni di reversibilità riconosciute ai superstiti dei parlamentari, tra cui coniugi e figli.

La normativa vigente e il sistema delle pensioni di reversibilità parlamentari

In Italia, i cosiddetti vitalizi parlamentari possono essere trasferiti agli eredi secondo precise regole stabilite dai regolamenti interni di Camera e Senato. Attualmente, la normativa prevede che alla morte di un parlamentare che godeva di vitalizio, il beneficio sia riconosciuto al coniuge superstite per una quota pari al 60% dell’importo originario, con un incremento del 20% per ciascun figlio a carico. Se il parlamentare defunto non lascia coniuge né figli, il vitalizio può essere destinato a fratelli o sorelle fiscalmente a carico dello stesso. Questa attribuzione viene definita pensione di reversibilità e rappresenta una delle principali cause di contestazione sociale per la disparità percepita rispetto alla previdenza ordinaria.

Dal 2012 ad oggi, numerose riforme hanno cercato di ridimensionare il regime dei vitalizi per i nuovi parlamentari, spingendo verso un calcolo di tipo contributivo. Tuttavia, chi ha maturato il diritto al vitalizio prima di queste modifiche continua a beneficiarne secondo le vecchie regole, incluse le generose condizioni di reversibilità a favore dei familiari superstiti, in particolare i figli, anche se studenti fino ai 26 anni oppure in condizioni di inabilità.

Cifre e impatto sui conti pubblici: la portata dello scandalo

Il vero elemento di shock che alimenta la polemica mediatica e politica è rappresentato dalle cifre annualmente corrisposte ai familiari degli ex parlamentari. Solo nel 2015, la spesa per i vitalizi agli eredi degli ex deputati ha superato i 25 milioni di euro alla Camera e i 18 milioni di euro al Senato, numeri considerati insostenibili e profondamente iniqui. Il caso del fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, risulta emblematico: a fronte di circa 60.000 euro di contributi versati durante il mandato, egli ha ricevuto vitalizi per circa 908.000 euro, ai quali si aggiungono le spettanze di reversibilità destinate agli eredi.

Questi esempi evidenziano una sproporzione tra quanto versato a titolo contributivo e quanto invece percepito, spesso per lunghi anni e addirittura da figli e altri parenti. Nel quadro generale della spesa pensionistica pubblica, si tratta di importi rilevanti che, secondo molti osservatori, andrebbero ricondotti a parametri di maggiore equità rispetto alle prestazioni che spettano ai cittadini comuni.

L’analisi delle regole generali sulle pensioni di reversibilità

Il principio che sottende la pensione di reversibilità nel sistema previdenziale pubblico italiano non nasce come un privilegio riservato a politici e parlamentari, bensì come misura di tutela dei superstiti in caso di morte dell’assicurato. Negli ultimi decenni, il sistema generale e quello dei parlamentari si sono progressivamente avvicinati, soprattutto in seguito alla riforma del 2012 che ha introdotto il calcolo contributivo anche per le pensioni degli eletti. Oggi, in entrambi i regimi, la pensione di reversibilità spetta:

  • Al coniuge superstite e ai figli minori (o studenti/inabili fino ai 26 anni), con percentuali variabili a seconda della composizione familiare.
  • Solo in assenza di coniuge o figli, può essere concessa a fratelli, sorelle o altri parenti fiscalmente a carico.

Nel caso di figli, la pensione è garantita finché permangono i requisiti di età o di inabilità previsti dalla legge. Tuttavia, per la generalità dei cittadini, il diritto si interrompe più rigidamente in caso di superamento di determinati limiti di reddito, mentre nel sistema dei parlamentari storicamente le condizioni sono state più vantaggiose.

Va aggiunto che, negli ultimi anni, l’importo della pensione di reversibilità può subire decurtazioni anche consistenti – talvolta fino al 30% – se il superstite dispone di altri redditi, alimentando ulteriormente la percezione di disparità tra cittadini e rappresentanti eletti.

Polemiche, riforme e prospettive future: il dibattito sulla necessità di riequilibrio

La sopravvivenza del sistema dei vitalizi e delle pensioni di reversibilità in favore dei figli dei politici è oggetto di accesa contestazione sia da parte dell’opinione pubblica che degli operatori del diritto, dei sindacati e delle associazioni che chiedono a gran voce la fine di questi privilegi. Molti ritengono che il mantenimento di queste pratiche sia addirittura una “vergogna nazionale” e uno scandalo per le ingenti risorse sottratte alla collettività e ai servizi essenziali.

Le principali critiche alla reversibilità dei vitalizi

  • Sperequazione rispetto ai cittadini comuni: mentre per i lavoratori comuni la pensione di reversibilità è soggetta a limiti rigorosi di reddito, età e stato di bisogno, per i figli dei parlamentari storicamente le condizioni sono state molto meno restrittive.
  • Costi insostenibili: il peso delle pensioni ereditate dai figli dei politici sulle casse pubbliche viene giudicato eccessivo, soprattutto in una fase storica caratterizzata dall’emergenza demografica e dal necessario contenimento della spesa previdenziale.
  • Ingiustizia sociale e perdita di fiducia nelle istituzioni: questi trattamenti di favore alimentano uno scollamento tra cittadini e classe politica, minando la legittimità democratica delle istituzioni.

Le proposte di riforma e gli scenari nel contesto delle nuove politiche previdenziali

Il dibattito attuale sulla riforma delle pensioni si concentra anche sulla necessità di abolire ogni forma di privilegio residuo a favore dei parlamentari e dei loro familiari. La proposta di estendere incrementi pensionistici legati alla natalità – come sostenuto dall’ex Presidente dell’INPS Antonio Mastrapasqua – prevede l’introduzione di una quota aggiuntiva mensile (tra 800 e 1.000 euro) alla pensione per chi ha almeno due figli, con l’obiettivo dichiarato di incentivare la natalità in un contesto di crisi demografica senza precedenti. Questa misura, però, è destinata ai cittadini in generale e non rappresenta un’ulteriore agevolazione riservata ai politici, ma alimenta il dibattito su quale debba essere il vero ruolo della previdenza pubblica e sugli incentivi da riconoscere in nome dell’interesse collettivo.

Molti auspicano che il futuro sistema pensionistico si fondi su principi di reale equità e sostenibilità, abbandonando ogni forma di privilegio che non trovi giustificazione nei contributi effettivamente versati oppure in condizioni di reale fragilità dei superstiti. In tal senso, la questione dei vitalizi parlamentari ereditati dai figli rimane un punto critico da affrontare nell’ambito delle riforme strutturali richieste dall’opinione pubblica, dagli esperti e dagli organismi internazionali di controllo sulla spesa pubblica.

In attesa di cambiamenti normativi più incisivi, la disparità nelle pensioni e nei vitalizi degli eredi dei parlamentari italiani continua a essere oggetto di polemica e di scandalo, con cifre che impressionano non solo per la loro consistenza, ma anche per il significato simbolico di una distanza, ad oggi non ancora colmata, tra “classe dirigente” e cittadini comuni.

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